Dopo le richieste del Ministro del Turismo keniano Najib Balala e delle associazioni di categoria dell’hospitality e di quelle dei trasporti pubblici, riguardo alla rimozione del coprifuoco nel paese e di conseguenza alla riapertura delle attività e del business nelle ore notturne, sono iniziate le contrattazioni con il Governo, in questo caso rappresentato dal Ministero degli Interni e della Sicurezza Nazionale e da quello della Sanità.
La deadline, ovvero la data fissata per una possibile riapertura è quella del prossimo 4 novembre.
Ma non è detto che il Governo accolga in toto le richieste di hotelier, esercenti e settore trasporti, quindi alcuni settori che più di altri stanno soffrendo, come i locali notturni (pub e discoteche) e i prodittori di alcolici, stanno già cercando di ottenere almeno uno slittamento.
L’ipotesi presa in considerazione al momento è quella di far slittare tutte le chiusure di due ore: ore 21 quindi per i soli locali che servono da bere, bar, disco-bar e pub, e ore 23 per i ristoranti.
Che significherebbe automaticamente spostare l’inizio del coprifuoco dalle attuali 22 alla mezzanotte, fermo restando la riapertura alle 4 del mattino.
E’ questa la richiesta presentata tramite una petizione da parte dell’associazione dei produttori di alcolici, che citano come dati di fatto a confortare la loro ipotesi il calo del tasso di positività del Covid-19, da una settimana sotto il 5%, ed il progressivo aumento della percentuale dei vaccinati completi.
I vertici della Alcoholic Beverages Association of Kenya (ABAK) spiegano nella loro richiesta che permettere ai locali di operare due ore in più offrirebbe opportunità di lavoro a migliaia di persone che le imprese hanno dovuto lasciare a casa o a cui sono state costrette a tagliare parte dello stipendio a causa degli orari dimezzati e aiuterebbe l’intero settore a recuperare dal passivo subito nell’ultimo anno e mezzo di restrizioni. Considerando anche che molti locali erano soliti aprire alle 17 e sono chiusi dal marzo 2020 proprio perché non ritengono sostenibile lavorare solo due ore al giorno.
“Non solo – spiega il presidente dell’ABAK, Eric Githua – aumentare la distribuzione di alcolici legali ed autorizzati aiuterebbe a tenere i potenziali clienti lontani dai liquori illegali e pericolosi, il cui consumo è cresciuto in maniera esponenziale durante la pandemia”.
Anche alcuni membri della task force del Governo sul Covid-19 avrebbero appoggiato la richiesta, citando la ripresa dell’economia come un fattore di sicurezza per evitare l’aumento della microcriminalità e di altre pratiche illegali.
L'industria delle bevande alcoliche contribuisce collettivamente a più di 130 miliardi di dollari all'anno in tasse, oltre alle migliaia di kenioti che sono impiegati sia direttamente che indirettamente dall'industria.