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SOLIDARIETA'

A rischio i bimbi "invisibili" salvati grazie a donazioni italiane

Il gruppo "Kenya Invisible Kids" chiede aiuto: chi sono e cosa fanno

08-01-2021 di Freddie del Curatolo

La pandemia in tutto il mondo ha spostato l’attenzione sanitaria sul virus e spesso trascurato situazioni del quotidiano che creano molti più casi disperati e decessi.
In Africa il fatto è ancora più evidente e i dati in assoluto più sconfortanti e su cui bisognerebbe agire immediatamente riguardano l’infanzia.
Alcuni reparti pediatrici del Paese sono stati spodestati da stanze d’isolamento per i contagiati del Covid-19 e dalle terapie intensive, centinaia di bambini rimandati a casa o curati senza le dovute attenzioni. Anche le visite sono diminuite e l’attenzione è calata in modo preoccupante.
Fortunatamente al General Hospital di Malindi c’è un medico pediatra appassionato, responsabile e combattivo, la dottoressa Salma Naji.
Grazie ad un gruppo di amici italiani altrettanto appassionati che hanno fatto della solidarietà per salvare piccole vite umane sulla costa del Kenya una ragione di vita, la dottoressa Naji ha potuto allestire un reparto neonatale completo e seguire molti casi gravi negli ultimi anni, fino all’incredibile avventura, che lei stessa ha seguito, del trasporto di una bimba appena nata a Napoli per una delicatissima operazione al cuore che gli ha salvato la vita.
Il team italiano che ha permesso tutto questo si chiama “Kenya Invisible Kids”, ma ora il rischio e non riuscire più ad aiutare, perché a causa della pandemia sono venute meno le donazioni.
“Quest'anno abbiamo raccolto pochissime donazioni – è l’appello disperato del fautore e portavoce del gruppo Massimo Vita, imprenditore campano - Abbiamo al massimo un altro paio di mesi di autonomia e poi saremo costretti a fermarci. Ci saranno bambini che non riusciremo ad aiutare e purtroppo alcuni di loro perderanno la vita”.
Vita frequenta Malindi da anni e si spende in prima persona insieme a conoscenti e altri amanti del Kenya.
“Siamo solo un gruppo di amici italiani, niente di più. Non abbiamo una Onlus, non abbiamo una sede e ogni singolo euro raccolto viene usato per i bambini – spiega Vita - Tutte le spese di gestione sono esclusivamente a nostro carico. Nonostante la raccolta di donazioni negli ultimi anni sia aumentata, molte delle somme  necessarie le versiamo ancora noi e ci siamo organizzati per avere il massimo controllo su ogni singolo centesimo dedicato a questa causa”.
Massimo e i suoi amici, durante le molte vacanze a Malindi, hanno toccato con mano situazioni di “malasolidarietà” che fanno parte di quell’errata concezione “turistica” della solidarietà.
Indumenti e accessori donati e rivenduti da chi li riceveva, orfanotrofi fantasma dove i bambini vengono radunati solo quando arrivano i “mzungu”, genitori ben in carne con figli denutriti e beach boys con associazioni fittizie.
“Pensavamo che non fosse possibile intervenire direttamente per aiutare questa gente – spiega Vita -Poi abbiamo avuto l’idea. Forse la chiamerei ispirazione. Ci siamo messi d’accordo con alcuni pediatri di Malindi e Nairobi, ed abbiamo cominciato ad offrire un supporto economico alle famiglie di Watamu, Kilifi e Malindi, che avevano la necessità di far operare i propri bambini non avendone la possibilità. Anche se operiamo nella parte più ricca del Paese, dove arrivano i turisti, basta allontanarsi di poche decine di chilometri nelle aree rurali per scoprire la vera povertà. Quella che nessuno di noi veramente immagina perchè, quella che si vede in TV ed alla quale siamo “abituati” , non trasmette gli odori, i silenzi, la solitudine e la disperazione di una famiglia che soffre per la malattia di un figlio in una capanna isolata dove manca acqua e la luce.
Oggi in collaborazione stretta con il reparto di neonatologia e pediatria dell’Ospedale di Malindi, accompagnamo queste famiglie in tutto il doloroso percorso che li aspetta. Paghiamo tutto noi, soprattutto in termini di emozioni e condividiamo il loro dolore. Dalla capanna alla sala operatoria e poi di nuovo alla capanna. Si parte disperati e si ritorna amici e con il sorriso sulle labbra. Alle volte, purtroppo, si parte disperati e si ritorna con l’anima in pezzi. Succede. Succede che qualche bambino non ce la faccia. In questi casi siamo attaccati da una sofferenza sorda, profonda e duratura. Piangiamo e non dormiamo la notte. Poi, quasi per magia, arriva sempre un’altro risultato positivo che ci da la forza di continuare”.
Come la Dottoressa Naji mostra a malindikenya.net, “Kenya Invisible Kids” ha acquistato due respiratori automatici per il reparto di neonatologia. Sono molti infatti i casi in cui questro strumento è necessario per tenere in vita bambini con gravi difficoltà respiratorie.
“Massimo ed i suoi amici e amiche italiani, tra cui oltre a piccoli imprenditori ci sono anche degli infermieri, pagano spese mediche e interventi a tanti bambini – spiega la responsabile del reparto di Pediatria dell’Ospedale di Malindi – non sono qui, ma anche a Mombasa e Nairobi. La neonata che abbiamo portato in Italia aveva poche settimane”.
Il nome che Vita e il suo gruppo si è scelto non è casuale: invisibili non sono solo le situazioni gravissime che spesso non vengono portate alla luce e rimangono confinate nei villaggi più remoti dell’entroterra della costa, ma anche l’opera stessa di quelle persone che ci mettono l’anima e che effettuano donazioni pur rimanendo nell’ombra.
“Noi non amiamo pubblicizzare la nostra opera sociale – spiega Massimo Vita – e abbiamo deciso di non percorrere strade istituzionali e non mescolarci alle tantissime onlus già esistenti. Ma proprio per questo, specie in questi mesi disgraziati in cui siamo distratti da un’altra emergenza, gli aiuti sono diminuiti e non ci permettono di proseguire con lo stesso impegno l’opera di assistenza e sostegno all’Ospedale di Malindi”.
Da oggi speriamo che i bambini invisibili del Kenya siano un po’ meno sconosciuti a tutti, così come chi si spende per salvare le loro vite e aiutare le loro famiglie. 
Per aiutare "Lenya Invisible Kids" potete andare sulla loro pagina Facebook o scrivere alla mail max@yachtgarage.com

TAGS: bambini kenyapediatria kenyadottoressa malindiospedale malindisolidarietà kenya

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