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29-04-2020 di Freddie del Curatolo
Se fosse una Nazione autonoma, invece che una delle Contee del Kenya, quella di Kilifi sarebbe una delle più sicure del mondo nell’ambito dell’emergenza per il virus Covid-19.
Il dato ovviamente è parziale e tra una settimana, un mese o due si potrà raccontare un altro presente, ma fino ad ora parlano numeri e fatti, ovvero quel che sta dietro ai dati ufficiali.
I numeri dicono che da più di un mese nella Contea di Kilifi non si registra un solo caso di positività al Coronavirus, che quindi dal 22 marzo scorso ci si è fermati ad 11 e che quasi tutti i casi sono collegati ad una sola persona, il Vice Governatore della Contea tornato dalla Germania, che ha contagiato colleghi e anche un dipendente di una filiale della banca DTB di Kilifi, che è stata chiusa per alcuni giorni, con i dipendenti sottoposti a tampone e messi in quarantena.
Tutti i contagiati, sia i positivi che i negativi, dopo i 14 giorni sono stati controllati e giudicati guariti.
Dietro ai numeri c’è anche la situazione reale negli ospedali, dove l’ammissione di pazienti è regolare e dall’inizio di marzo addirittura minore dello stesso periodo dell’anno scorso.
Così come molto minore è la presenza di persone decedute nelle camere mortuarie.
Questo non significa che non ci possano essere casi di morti sospette, ma intanto con la diminuzione del traffico si sta attenuando la seconda causa di morte nel Paese, che sono gli incidenti stradali.
La prima causa è sempre stata la polmonite. I valori nazionali indicano che a marzo i morti per “pneumonia” in Kenya sono aumentati del 7%, che tutto sommato è un dato non preoccupante. Nella Contea di Kilifi dovrebbero essere ancora meno.
Nessuna emergenza per adesso quindi, ed è il Governatore Amason Kingi, in un’intervista resa al quotidiano nazionale Daily Nation a spiegare alcuni dei motivi.
“Siamo stati tempestivi – dice Kingi – e più avanti di tutte le altre Contee quando si è trattato di attuare misure di contenimento rigorose per frenare la diffusione del virus. Abbiamo deciso di intraprendere azioni serie e rapide non appena si è scatenato il panico al primo annuncio di caso positivo”.
Secondo l’opinione pubblica, è stato un “bene” che il primo caso di contagio da Covid-19 sia toccato ad un rappresentante delle istituzioni. Questo ha mosso il Governo di Contea con un senso di responsabilità ancor più acuito. Quando il 22 marzo il Vice Governatore Gideon Saburi, è risultato positivo al test Covid-19, il team sanitario della Contea ha iniziato un lavoro selettivo per tracciare tutti i contatti avuti dal “paziente zero” nei giorni successivi al suo arrivo dall’Europa, mettendo più di 100 persone in autoquarantena.
Contatti che comprendevano lo stesso personale della Contea, agenti di polizia, funzionari di una NGO, politici e abitanti di un villaggio che avevano partecipato ad un funerale dove era presente Saburi.
Quando il 6 aprile scorso il Presidente Uhuru Kenyatta ha deciso di chiudere i confini delle regioni costiere e di Nairobi, dopo aver sospeso il 25 marzo tutti i voli internazionali, è stato di fatto impedito ai residenti della capitale di venire sulla costa, specialmente in vista della Pasqua, periodo in cui molti keniani sono soliti fare le vacanze al mare. Sono state soppresse anche le corse della ferrovia veloce Nairobi-Mombasa che ha anche una stazione nella Contea di Kilifi, nella cittadina di Mariakani, da dove con i bus o i matatu si può arrivare facilmente a Kilifi e Malindi.
Alle misure di contenimento del Governo, Kingi ha aggiunto quelle specifiche della Contea, blindandola ulteriormente, chiudendo il confine con la vicina Contea di Mombasa, dove il virus (anche se con numeri non impressionanti, ma ora i casi sono saliti a 97 con 3 decessi).
“Abbiamo dapprima avvertito gli operatori di trasporti pubblici che avrebbero dovuto rispettare regole di distanze sociali e mascherine – ha spiegato Kingi – poi abbiamo identificato i luoghi a rischio e deciso di conseguenza di far chiudere ogni locale pubblico, approvando solo il take-away, vietando funerali, raduni sociali, grosse aziende come quelle del cemento e delle saline e regolando mercati, luoghi di aggregazione religiosa e non.
Kingi si è soffermato anche sulla preoccupazione che i primi giorni trapelava per via di Malindi e Watamu, luoghi turistici frequentati da molti italiani, con una numerosa comunità di residenti.
“Ci aspettavamo un’implosione del virus a Malindi, per via della presenza di una nutrita comunità italiana – ha ammesso il Governatore – vista la grave situazione nel loro Paese. Ma la chiusura delle frontiere, la partenza di molti e il volo di rientro operato dall’Ambasciata che ha visto 150 italiani tornare nella loro Patria, è stato un buon colpo. Il coprifuoco serale, che ha evitato i contatti tra persone nei night club e nei locali di intrattenimento soprattutto a Mwtapa, ha dato un’altra bella mano”.
Uno degli altri segreti della crescita zero da 35 giorni a questa parte, è il facile monitoraggio delle zone di confine. Le strade per entrare nella Contea di Kilifi sono pochissime: tre dalla Nairobi-Mombasa, una dalla Mombasa-Malindi e una da nord, arrivando da Garsen e Lamu.
Per il resto ci sono solamente piste sterrate dove comunque la polizia locale ha fatto un grande lavoro di controllo.
“La polizia della Contea è stata salvifica nelle zone di confine – ha spiegato il Vice Commissario del distretto di Ganze, Richard Karani al Daily Nation - la nostra squadra di sicurezza ha messo in atto strategie con la comunità per allertare gli estranei e gli individui che potrebbero tentare di entrare di nascosto da Mombasa”.
In ultimo la sensibilizzazione: Kingi ha ricordato di aver messo a disposizione veicoli e sistemi di comunicazione in tutte le 35 circoscrizioni della Contea per far giungere i messaggi alla popolazione locale, oltre a iniziare la produzione di 500 mascherine da distribuire anche nelle aree più remote.
Tra gli altri motivi del successo del contenimento a Malindi e dintorni, anche la grande attività della comunità locale di imprenditori e operatori del turismo, che si sono consociati e attraverso donazioni, supportate anche da Onlus locali che solitamente si dedicano alla solidarietà ma che hanno fatto convergere i loro sforzi per questa emergenza, hanno consegnato mascherine, disinfettanti e altro e ora si stanno dedicando agli aiuti alimentari, prossimo grande impegno dato che la chiusura dei confini sta contenendo sì i casi di virus, ma anche aumentando disoccupazione e povertà nella regione. Una cosa per volta, ma fatta bene. Sembra che funzioni.
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