Da una parte il cauto ottimismo dei medici che stanno curando i primi pazienti che hanno importato il Covid19, dall’altra l’ansia dell’attesa che da un momento all’altro la situazione possa esplodere, essendo prossimo ormai alla seconda metà della quarantena di quasi 1000 persone nel Paese.
Si tratta di tutte le persone che sono venute a contatto con gli otto pazienti positivi della prima settimana. Nairobi, Kilifi, Kwale e Mombasa le Contee più rappresentate.
Dal Centro Nazionale Influenza di Nairobi arrivano comunque buone notizie, il Ministro della Sanità keniana Mutahi Kagwe ha aggiunto che il primo paziente con Covid-19 confermato e il terzo paziente sono risultati negativi ad un nuovo test, aggiungendo che sarà effettuato su di loro un nuovo tampone nelle prossime 48 ore.
"Siamo molto fiduciosi che il test ripetuto sarà negativo, confermando il loro pieno recupero per consentire la dimissione dei due pazienti dal nostro centro di trattamento" ha dichiarato Kagwe.
Inoltre tutti i pazienti che stanno ricevendo cure reagiscono bene e solo uno, il turista francese di 67 anni, continua ad essere sotto osservazione, ma in condizioni stabili.
Il Ministro ha anche puntato il dito sul coprifuoco e i suoi esiti, spiegando che il popolo keniano deve imparare a rispettare le ordinanze, perché sono fatte esclusivamente per il suo bene e che i politici che chiedono la chiusura totale della Nazione dovrebbero impegnarsi maggiormente per sensibilizzare la gente sulla buona riuscita del coprifuoco. Intanto la seconda sera di lockdown serale si è aperta senza incidenti nel Paese, dopo le numerose proteste del giorno precedente per le maniere decisamente forti delle forze dell'ordine. In una Nazione che ha grossi problemi di strutture sanitarie pubbliche è fondamentale far capire al più presto a tutti che bisogna rispettare le regole, per quanto difficili da rispettare per chi a malapena ha una casa e difficoltà a guadagnarsi la sopravvivenza quotidiana. Per questo il Governo sta pensando anche a come poter assistere chi rimarrà senza lavoro e sostentamento.
Una cosa per volta, insomma, sperando che il numero dei contagiati non cresca e non diventi ingestibile. Per ora i posti in terapia intensiva in tutto il Paese sono meno di mille e i respiratori molti meno.