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E' un Kenya al buio, e i cittadini protestano

Da Naivasha a Malindi, le piogge portano continui blackout

17-04-2024 di Freddie del Curatolo

Tra i tanti proverbi che andrebbero aggiornati, per quanto riguarda il Kenya, c’è il noto “tanto tuonò che piovve”. Specialmente da aprile a giugno, è più attuale e significativo “tanto piovve che si rimase al buio”.
Già perché, come spesso accade in questo periodo, più di mezza nazione è alle prese con i continui blackout dell’azienda dell’energia elettrica nazionale, la Kenya Power & Lightning.
Da Nairobi a Mombasa, da Naivasha a Malindi, da Kisumu a Lamu non c’è città o cittadina, zona rurale, marittima o montana in cui non ci siano stati o perdurino interruzioni di corrente che possono durare anche 24 ore o più, oppure erogazione a basso voltaggio, che per certi versi è ancora più dannosa.


A Naivasha, ad esempio, i residenti, stufi dei continui blackout nell’ultimo mese, hanno presentato una petizione al ministro dell’Energia, Davis Chirchir e all’amministratore delegato di Kenya Power, Joseph Siror, affermando che le interruzioni di corrente, quando sono così frequenti, non solo rappresentano un rischio per la sicurezza, ma costano loro milioni di scellini in perdita di affari e danni alle proprietà ogni mese.
A Nairobi sono molte le aree affette da disagi, specie dopo le inondazioni della scorsa settimana, ma in molte di queste zone, per la verità, l’azienda aveva avvertito in precedenza che ci sarebbero state interruzioni dovute a lavori di straordinaria manutenzione.
Questo non accade in altre contee e cittadine del paese, specialmente sulla costa.


A Malindi, molti quartieri sono al buio da tre giorni e non basta la conversione di molti residenti (specialmente locali, vale la pena segnalarlo) ai pannelli solari, o l’utilizzo di generatori con il rischio di danneggiarli per il troppo lavoro. Se hotel e ristoranti di un certo livello ormai hanno addirittura due unità di continuità, in modo che un generatore possa dare il cambio all’altro e viceversa, così come gli ospedali e le cliniche private, sono i piccoli imprenditori locali a subire maggiormente il peso di questa situazione, oltre che le abitazioni private.
In generale, come segnala il quotidiano The Standard, sono colpite numerose attività, come officine meccaniche, saloni di bellezza e parrucchieri, cybercafè, saldatori, falegnami eccetera.
Produttori locali, farm, ristoranti, market e luoghi di intrattenimento hanno dichiarato ai media che la maggior parte del cibo conservato è andato a male dopo che i loro frigoriferi sono rimasti spenti per giorni interi. Un altro aspetto è rappresentato dall’andirivieni di corrente e relativi sbalzi che, per chi non può permettersi l’acquisto di una “safeguard” per ogni presa elettrica, significa rischiare di compromettere apparecchiature costose come televisori, computer, stereo, oltre che gli stessi frigoriferi.


I motivi sono sempre gli stessi: alle carenze endemiche della fornitura, alla corruzione e all’aumento del debito, in questo periodo le piogge fanno uscire allo scoperto le magagne dovute all’invecchiamento delle infrastrutture.
Come si potrebbero risolvere questi annosi disagi? Una delle soluzioni è da tempo allo studio del parlamento: si tratta della liberalizzazione delle aziende che potrebbero investire in Kenya per portare forniture alternative, ed anche energia pulita. Allo stesso tempo ridurre le tasse per chi vuole importare impianti solari ad inverter e dare la possibilità a chi decidesse di produrre la propria corrente, di vendere energia anche agli altri.
Non è fantascienza, il Kenya a due velocità che in altri settori viene additato come un paese in grande sviluppo e invitato a prendere parte al G20, dovrebbe guardare più in là del guadagno immediato (di pochi) e pensare che migliorando i servizi e le infrastrutture, tutto tornerà. Per adesso invece, per usare un altro modo di dire, la situazione è “peggio che andar di notte”.

TAGS: elettricitàcorrenteblackoutKenya Power

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