IL KENYA CHE CAMBIA
04-10-2023 di Freddie del Curatolo
Kibera Addio.
Almeno nelle parole del presidente keniano William Ruto, la più estesa ed una delle più popolose baraccopoli dell’Africa, il più famoso ed iconico (se così si può dire) slum di Nairobi, insieme a Mathare, sarà trasformato entro 10 anni in un “quartiere residenziale”.
Ruto ha fatto questo annuncio domenica scorsa, affermando che il progetto sarà realizzato attraverso l'ambizioso programma governativo di edilizia popolari, che ha l’obbiettivo di fornire ai kenioti che vivono negli insediamenti informali alloggi più dignitosi delle baracche di lamiera a prezzi accessibili, creando la possibilità agli stessi giovani e disoccupati di Kibera di partecipare alla costruzione delle case e di conseguenza centinaia di posti di lavoro.
"Questo piano è stato introdotto per due motivi. Innanzitutto non si tratta di case, ma di posti di lavoro – ha confermato il leader keniano - Il nostro piano prevede la costruzione di almeno 200 mila case per garantire che tutti i giovani di Nairobi abbiano un lavoro. Di conseguenza vogliamo anche far uscire la gente dalle baraccopoli. Soprattutto qui a Kibera. Tra dieci anni qui non ci sarà più lo slum, l'avremo trasformato in un quartiere popolare".
Kibera, con i suoi 250 mila abitanti censiti (probabilmente sono almeno il doppio) su una superficie di circa 2,5 chilometri quadrati, si aggiunge quindi ad altre sei zone della capitale (Ruiru, Pangani, Starehe, Shauri Moyo, Homabay e Mavoko) per i quali è stato attivato un progetto di edilizia sociale che prevede la costruzione di 250 mila abitazioni all’anno per i prossimi cinque anni. Il nuovo governo ha lanciato già un progetto pilota nello slum di Mukuru, dove saranno consegnate 14 mila unità abitative, coinvolgendo oltre 4000 giovani della zona nei lavori di costruzione, sempre secondo il presidente.
Tornando a Kibera, la storia degli insediamenti informali, che nasce ancora prima dell’indipendenza del Kenya (Kibera, originariamente Kibra, parola sudanese che significa “foresta”, in particolare fu assegnato intorno al 1918 dall’Impero Britannico ai soldati nubiani che facevano parte del loro esercito. Da lì dopo il 1963 si sono aggiunti emigranti dal lago Vittoria, tribù luo, e da altre parti del paese. Con i kikuyu di Nairobi ad affittare loro le baracche e gestire i giri d’affari. Questo ha creato non pochi conflitti nel corso degli anni, oltre a mafie locali e battaglie di gang spesso legate alle diverse tribù.
Ma Kibera per molti suoi residenti è anche una madre, sebbene inaffidabile, pericolosa, sgualdrina. E’ un anarchico intestino della capitale dove tutto può essere inserito, inglobato e dove sempre qualcosa passa e resta attaccato. Chi ha il codice d’accesso e sa muoversi, difficilmente riesce a rinunciare alla libertà di quella prigione di lamiere. E’ difficile da comprendere, ma per chi lo ha visitato più volte, lo ha studiato senza interessi che non fossero quelli di comprendere e spiegare lo slum lontano dai luoghi comuni, è così.
Per questo in passato un progetto di edilizia del governo Kenyatta non è andato a buon fine. Gli appartamenti costruiti ai margini della baraccopoli furono consegnati a famiglie bisognose che avrebbero potuto condurre una vita più dignitosa, e invece decisero di affittarli e restare a vivere nel loro assurdo, controverso, fagocitante microcosmo. Staremo a vedere se Ruto riuscirà a convincere il popolo degli slum.
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