EDITORIALE
30-05-2023 di Freddie del Curatolo
Il Kenya è il paese dell’accoglienza, e la definizione non è solo metaforica e da “cartolina turistica”. Se il suo popolo da sempre si è posto in maniera affabile ed ospitale nei confronti dello straniero che lo ha colonizzato, costretto a rapporti commerciali ed infine condotto dopo l’indipendenza verso le politiche che prediligeva, così oggi i nuovi poteri di Nairobi cercano di tenere il più possibile i due piedi in una dozzina di scarpe per dimostrare che per tutti c’è una chance, ma soprattutto ognuno può dare il suo contributo a far crescere il paese, prendendosene meriti e benefici.
Il Kenya è come il “mio cugino” di Elio e le storie tese, “amico di tutti”.
Non solo “piacione” ma anche capace di tenere governi di tutto il globo in equilibrio, talvolta dando una spallatina a uno e recuperando crediti con l’altro.
Rimane storica un’intervista dell’allora presidente Uhuru Kenyatta alla CNN, in cui l’intervistatore lo stuzzicava: “avete contratto molti debiti con la Cina, non vi preoccupa la cosa?” chiedeva, e senza fare una piega, Kenyatta rispose “è vero, abbiamo debiti con la Cina, ma ne abbiamo anche con voi americani, con il Giappone, l’Europa Unita, con la Corea...perché mai ci dovremmo preoccupare?”. L’accoglienza, come insegnano certi popoli nostrani, ha bisogno di una buona dose di paraculaggine.
Certo, un Kenya in salute o quantomeno sotto tiro fa comodo a chiunque, sia per le inespresse potenzialità della nazione, sia per la sua posizione strategica e per l’intelligenza dei suoi interlocutori, perché per districarsi così bene tra potenze straniere, ci vuole indubbiamente del talento.
Ecco allora che, sulla via del Sudafrica dove incontrerà le nazioni in via di sviluppo che si pongono contro “l’egemonia del dollaro” (ovvero Brasile, India e Sudafrica) oltre alla Cina, il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov si è fermato a Nairobi per parlare con il presidente William Ruto.
Grandi sorrisi, strette di mano e alla fine Ruto ha annunciato che il Kenya approfondirà le sue relazioni con la Russia per aumentare il volume degli scambi commerciali.
Così ha scritto sul suo profilo twitter: “Il volume degli scambi commerciali tra Kenya e Russia è basso, ma il potenziale di crescita delle nostre economie è significativo”.
Presto verrà firmato un nuovo accordo commerciale, anche perché la Russia è uno dei maggiori importatori di tè dal Kenya e il paese africano ha bisogno di Mosca per materie prime come grano e mais, ma anche per ferro e acciaio, fertilizzanti, carta e cartone, rame e non ultimo il petrolio.
Nel chiedere ufficialmente la pace tra Russia e Ucraina (accolta una settimana fa con la stessa carineria), Ruto ha chiesto alla Russia, uno dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, di poter entrare a far parte in maniera continua dell’organismo, in quanto rappresentante del continente africano.
"Il continente può portare al tavolo idee, suggerimenti ed esperienze che sarebbero utili al mondo intero", ha detto Ruto.
Libertà è partecipazione, diceva Giorgio Gaber. E oggi l’unico modo per sentirsi liberi o almeno il più facilmente praticabile, sembra proprio frammentare la propria dipendenza al cospetto di tanti diversi carcerieri. E il Kenya è un ottimo interprete di questo gioco di ruolo, mentre chi sta in basso o messo di lato come gli stranieri che vivono o investono in questo paese, osserva speranzoso e sempre un pochino preoccupato.
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