KENYA NEWS
07-09-2024 di Freddie del Curatolo
Aggiornamento di domenica 8 settembre: i morti sono saliti a 21, dopo altri due ritrovamenti di resti e dopo che 2 dei 13 feriti gravi sono morti in ospedale.
Alcuni dei giovani alunni scomparsi sarebbero stati ritrovati.
Nessuno vuole pronunciare quel numero, 88.
Tanti sono i corpi di ragazzini dai 9 ai 13 anni che mancano all’appello tra i tizzoni e le macerie del dormitorio della Hillside Endarasha Academy di Kieni, paesino pigramente adagiato sulle colline che portano nella cittadina di Nyeri, nota per il sacrario dei caduti italiani durante la prigionia della seconda guerra mondiale.
Vittime ancora più innocenti sono quelle dell’incendio che ha devastato lo stanzone senza uscite di sicurezza e che pone le solite inquietanti e dolorose domande su un Paese che vuole crescere ed allinearsi al “primo mondo” ma lo fa disordinatamente e con modalità figlie degli esempi peggiori assorbiti dall’Occidente.
Il presidente keniano William Ruto, da Pechino dove si trova per stipulare nuovi accordi con il polpo gigante cinese, ha annunciato tre giorni di lutto nazionale per commemorare i resti dei 18 studenti dai 9 ai 13 anni ritrovati e le speranze, anch’esse ridotte in cenere, di recuperare vivi gli altri 70.
C’è ancora la speranza che alcuni di loro siano riusciti a fuggire, altri siano stati riportati a casa dai genitori e non si siano ancora fatti sentire, altri ancora non fossero rientrati e siano lontani da Kieni.
Piccoli appigli per chi crede nella forza delle preghiere e ha in mente la casistica e certe dinamiche delle vicende africane. La realtà è che gli investigatori dell’unità speciale della polizia nazionale non hanno ancora scoperto con certezza le cause del devastante incendio che a mezzanotte di giovedì ha avvolto il dormitorio e si spera intossicato i ragazzini nel sonno, prima di arderli vivi.
E’ una delle tragedie più grandi degli ultimi anni in Kenya, di quelle non direttamente causate dalla mano umana, come gli incidenti stradali o il recente caso delle vittime della cosiddetta “setta del digiuno” di Shakahola. Quasi 500 corpi sepolti in fosse comuni, convinti da un predicatore folle e spietato a digiunare nella speranza di poter vedere Gesù in paradiso al più presto, prima che il mondo se lo prendesse il Demonio e diventasse un inferno.
Purtroppo, giovedì notte, l’inferno era già in Kenya e si è abbattuto su decine di giovani innocenti, che poco sapevano di uscite di sicurezza, scioperi e prestiti cinesi. Il ministro degli Interni Kithure Kindiki ha visitato il sito e ha assicurato che ci sarà “piena responsabilità per tutti coloro la cui azione o inazione ha contribuito a questa tremenda perdita”.
Ha usato più o meno le stesse parole più di un anno fa, dopo il ritrovamento delle prime decine di corpi degli adepti nella foresta dell’entroterra di Malindi, tra cui si contano 129 bambini.
Le indagini sono terminate un mese e mezzo fa, il processo contro Paul Mackenzie Nthenge e i suoi presunti complici durerà a lungo, con tutto che si hanno movente e probabilissimi autori diretti o indiretti dei crimini.
Anche questa, purtroppo, è Africa.
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