MASHUJAA DAY
20-10-2024 di Freddie del Curatolo
Oggi in Kenya è festa nazionale e si festeggiano gli eroi dell’indipendenza del paese.
Quest’anno la data è ancora più importante a livello simbolico (e numerico) perché cade il sessantesimo anniversario. Ma il 20 ottobre è una delle date che comunque qualsiasi keniano non può ignorare perché ha molti significati nella storia della propria Nazione.
Oltre ad essere la data di nascita del Padre della Patria Jomo Kenyatta, primo leader del Kenya come repubblica indipendente, è anche la data in cui lo stesso Kenyatta, insieme ad altri attivisti politici ritenuti le menti del movimento di liberazione dei Mau Mau, fu imprigionato nel villaggio di Kapenguria, sulla via del Turkana, nel 1952.
Se fino al 2010 si celebrava il “Kenyatta Day”, da dieci anni entrambe le date sono state riunite sotto la celebrazione degli eroi nazionali del Paese.
Se in un primo tempo si è pensato a chi ha combattuto e spesso dato la propria vita per l’indipendenza del Kenya, anno dopo anno gli eroi nazionali sono aumentati e “Mashujaa” è diventata una sorta di onorificenza destinata a chiunque porti alta la bandiera del Paese a livello internazionale.
In passato, ad esempio, il titolo di “Eroe nazionale” è andato al maratoneta Eliud Kipchoge che da recordman della competizione olimpica è sceso sotto le 2 ore dopo un’epica cavalcata solitaria seguita in diretta da oltre un miliardo di persone nel mondo. Ma queste sono deviazioni, o meglio allargamenti, dei nostri tempi mediatici. In predicato di diventare "eroi" ci sono anche rapper, attori ed ambientalisti. Diventa un po' una sorta di "cavalierato".
Torniamo indietro ai “Mashujaa” storici.
La prima eroina che il Kenya può vantare era Mijikenda e veniva dall’entroterra di Kilifi. Mekatilili Wa Menza lottò contro le condizioni pesanti a cui erano costretti i contadini di Malindi e dintorni, arrivando a schiaffeggiare in pubblico un ufficiale britannico. Per questo e per aver progettato un attentato contro un automezzo di coloni, fu rinchiusa per ben due volte nel campo di detenzione (una sorta di campo di concentramento) a Kisii, in terra Maasai. Entrambe le volte riuscì ad evadere e mentre la prima fu catturata, la seconda dopo quasi 1000 chilometri percorsi a piedi, la vide tornare trionfante dal suo popolo, accolta come una regina. Alla fine, dopo la prima guerra Mondiale, i Governatori costieri dell’Impero Britannico scesero a patti con lei e con i contadini locali e concessero loro trattamenti migliori.
Eroe nazionale è anche il politico Harry Thuku, leader dell’Associazione dei Giovani Kikuyu, fondato nel 1921. Di fatto il primo partito nazionale del Kenya. Per questo nel 1922 fu arrestato e quella azione portò alla prima grande protesta di piazza del popolo keniano. Thuku fu esiliato in Somalia per nove anni. Successivamente riprese l’attività politica anche se con toni sempre moderati e di pacificazione, diventando coltivatore di caffè e primo membro africano dell'Unione dei coltivatori di caffè del Kenya.
Durante il Mashujaa day si celebrano in particolare i sei leader keniani che furono arrestati e deportati a Kapenguria il 20 ottobre 1952. Insieme a Kenyatta c’erano Bildad Kaggia (in seguito politico del primo Governo Kenyatta), Kung’u Karumba, Fred Kubai, Paul Ngei (importante figura istituzionale sempre al fianco del leader) e Achieng’ Oneko.
Tra gli eroi della Resistenza figura anche il rivoluzionario Dedan Kimathi, leader dei Mau Mau, ala estremista e violenta del movimento di liberazione del Kenya. Kimathi fu giustiziato dall’esercito britannico nel 1957. Così come meritano segnalazione due brillanti uomini politici vittime di misteriosi omicidi negli anni Sessanta, il "Kennedy africano" Tom Mboya e il socialista Pio Gama Pinto.
Recentemente il titolo di Mashujaa, oltre che al Premio Nobel per la Pace Wathari Maathai, prima donna africana a ricevere questo riconoscimento, è stato dato anche al grande leader spirituale dei Mijikenda Katana Kalulu, barbaramente assassinato poi nel 2014, al veterano dei Mau Mau Kitu Wa Kahengeri e all’avvocato Joseph Karisa Mwarandu che dopo aver fatto causa al Governo Britannico per le torture subite negli anni Cinquanta dai propri connazionali, tramite un processo durato anni a Londra sono riusciti ad ottenere un risarcimento tuttaltro che simbolico.
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