ECONOMIA
17-10-2024 di Freddie del Curatolo
Lo scellino keniota resta solido e forte sul dollaro, tenendo a bada la valuta americana utilizzata per gli scambi commerciali e punto di riferimento anche nei confronti dell’euro per ogni transazione.
Dollaro sotto i 130 scellini (e intorno ai 141 con l’euro). Il dato, se forse non fa piacere alle decine di migliaia di turisti che arrivano in queste settimane nel Paese africano, sicuramente soddisfa chi investe e ha le sue attività qui.
Secondo la borsa di Londra, la solidità dello scellino perdura nonostante il dollaro si sia rafforzato in altre parti del mondo, con la Federal Reserve statunitense che non ridurrà i tassi di interesse in maniera aggressiva prima delle prossime elezioni presidenziali, previste per il prossimo 5 novembre.
Economicamente, per chi conviene fare il tifo in relazione allo stato di salute del Kenya, della sua valuta e dell’inflazione?
Secondo gli esperti Usa, la vittoria di Donald Trump manterrebbe un dollaro in grande salute, dando ottimismo sul mercato estero. Per lo scellino gli scenari sono dubbi: da una parte la stabilizzazione del dollaro, seppur in termini dominanti, frenerebbe eventuali oscillazioni brusche che potrebbero turbare l'economia e portare a speculazioni da parte del mercato interno keniano, dall’altra una politica più severa su prestiti e cooperazione potrebbe riportare all’attualità le magagne seppellite ultimamente dalla Banca Centrale del Kenya, La tenuta dello scellino si deve infatti ancora all’effetto del nuovo eurobond sottoscritto a giugno dopo la scadenza del precedente che era datato 2014, ma è stata anche sostenuta dagli afflussi dal settore turistico e dalle esportazioni agricole come il tè, che hanno ammortizzato gli effetti negativi dei disordini politici e del ritardo del prestito del Fondo Monetario Internazionale. Dall'altra parte, una vittoria di Kamala Harris, data sempre meno per probabile, manterrebbe quel clima di indecisione su guerre ed altri blocchi al commercio a cui una nazione in promettente crescita (almeno prima del Covid e della questione russo-ucraina) non giova affatto.
A settembre l'inflazione su base annua è scesa al 3,6% dal 4,4% di agosto, grazie anche alla riduzione del costo dei beni importati. L'inflazione mensile si è mantenuta stabile allo 0,2%, riflettendo l'impatto del rafforzamento dello scellino sui prezzi al consumo.
La stabilità dello scellino ha permesso anche un’ulteriore riduzione del prezzo della benzina, che da ieri è calato di circa 8 scellini al litro. La riduzione dei rischi legati alla valuta potrebbe accendere una nuova fiducia nei settori che offrono rendimenti stabili, aprendo la strada a una ripresa della crescita economica.
Fino almeno al prossimo nodo del pettine, probabilmente con zazzera bionda a riporto.
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