L'angolo di Freddie

L'ANGOLO DI FREDDIE

La ragione di Dennis a Nairobi

Il mondo, quello vero, è dove e come lo mette in scena lui

28-12-2023 di Freddie del Curatolo

Non ho scelto le feste di Natale perché a Natale “siamo tutti più buoni” o perché volevo fare un “bel gesto”.
Non mi ritengo “buono” e vorrei esserlo ancora meno in quest’epoca in cui chi sa di non avere ragione, può avere ragione ugualmente.
E’ che a volte mi sento un geometra della narrazione, sento il bisogno, e anche il dovere, di calcolare la distanza tra la storia che nasce da ciò che osservo, con i suoi protagonisti, e la loro realtà.
Avevo piacere ad incontrare Dennis, tutto qui.

E’ la curiosità che mi ha spinto da lui, oltre al simbolismo.
Ma soprattutto il fatto che a Natale in giro, a Nairobi, non c’è quasi nessuno.
Dennis vive tra la polvere, i rumori e lo smog di una delle rotonde più incasinate di una delle metropoli più incasinate del mondo. 
Dennis non paga affitto, ma la sua casa può essere portata via ogni minuto dal comune, da giovani vandali, da una società privata di nettezza, da sgherri del quartiere che chiedono il pizzo, da scavi per l’acqua la luce le fibre ottiche.

Chissà se cambia molto da dove è nato. 
Molti keniani vivono ancora in luoghi dove la loro casa può essere portata via ogni minuto da un’inondazione, l’esproprio da parte di un’azienda ambientalista, il fuoco appiccato da una tribù rivale o da una fatalità, un megaprogetto edilizio, il banditismo, un elefante.
Dennis si è costruito la capanna da solo nel centro di tutto.
Lui è fermo, placido, impassibile e gli altri girano come impazziti attorno a lui.
Sbuffano come i loro veicoli, imprecano, fanno rumore, si detestano tra loro.

Dennis no. 
Lui è al centro, impassibile, ed è tutt’uno con sé stesso. 
La sua reggia è fatta più o meno di quello che indossa e non deve necessariamente entrarci. 
Basta che ci sia. 
Non sbandiera l’etica del riciclo, l’ecosostenibilità, non si riempie la bocca di bei concetti vuoti: ci sopravvive.
Gli oggetti non sono come gli uomini, sono tutti utili.
Stracci, vestiti, cavi, pezzi di metallo, sassi, assi, un ombrello.
C’è una naturale empatia con loro.

Gli oggetti vengono a lui facilmente, sono i rifiuti della società, scartati e abbandonati da ognuno, ritenuti inservibili. Proprio come Dennis. 
Quando esce dalla capanna, Dennis indossa un casco da operaio e sotto il giaccone sempre abbottonato, con il sole cocente o al fresco che segue l’acquazzone notturno, tiene come un tesoro tutto quello che non deve essere portato via. 
Come un marsupio, come una gravidanza placida.
Sulle dita di entrambe le mani ha anelli di valore inestimabile, al collo una collana luminescente e un foulard di seta, volato via da un fuoristrada ultimo modello. 

Non so cosa farà con i miei soldi, non si nutre di cibi convenzionali, ma solo di scarti, ovviamente.
Credo li baratterà con qualcosa di utile.
Ho conosciuto tanti altri rifiuti umani come Dennis, quasi tutti nelle discariche o in quartieri-fogna. 
Al cospetto di Dennis mi dico che sarebbe anche naturale trovarmelo lì, dove per i giusti è sbagliato, quindi giusto o comunque giustificato, stare.
Invece no, Dennis vuole vivere dove tutto si crea, non dove marcisce.
Sta lì, a mostrarti la fine che meriteresti di fare.

Vive a due passi da un grattacielo in cui, al ventesimo piano, c’è uno dei ristoranti più esclusivi della città, dietro a due centri commerciali dove trovi tutto quello che hai sempre sognato di possedere, ma di cui non hai veramente bisogno e proprio sotto l’autostrada cinese che ti porta dritta in cielo, collegando la capitale del Kenya al mondo intero.
Il mondo, quello vero, è dove e come lo mette in scena Dennis.
Abita la nostra precarietà, si veste delle nostre poche sicurezze, recupera qua e là valori dimenticati e fa sfoggio delle rare fortune trovate per strada.
Ma, a differenza nostra, non ti dirà mai che ha ragione lui.

TAGS: Nairobirifiutistoria

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