Editoriali

EDITORIALE

Kenya, tutti con il telefonino (ma non al telefono)

E' il paese in cui il cellulare è più "multiuso" del mondo

23-05-2022 di Freddie del Curatolo

Quando arrivai in Kenya, 32 anni fa, pensai che quello africano era un popolo a piedi.
Le strade della costa erano poco trafficate ma ai suoi lati vedevo costantemente sfilare la varia e colorata umanità di cui ancora oggi non mi stanco di scorgere le abitudini, le fattezze, l’abbigliamento, il modo di relazionarsi e tanto altro ancora.
Camminavano, quasi tutti a piedi nudi, perché questo facevano da che il mondo si ricordasse di loro, perché ogni altro mezzo di trasporto creato nel frattempo era un lusso.
Non c’erano status symbol, allora. Solo strette esigenze. Per gli uomini l’obbiettivo massimo era una bicicletta, per le donne un pareo per coprirsi il seno nudo.
Otto anni più tardi, prima di tornare in Italia per affrontare la trafila necessaria per diventare giornalista professionista, i keniani erano già diventati cicloamatori.
Era un popolo sulle due ruote, che consumava pedali più che ciabatte infradito. Chi non poteva permettersi una bicicletta cinese o indiana, si faceva trasportare dai boda-boda, che sudavano per 20 scellini a tratta. Per chi era riuscito ad acquistarla, l’obbiettivo successivo era abbandonare la vecchia capanna di fango e potersi permettere una casa in muratura.
Quando infine tornai definitivamente a vivere a Malindi, nel 2005, trovai l’evoluzione sociale dell’homo “pedibus calcantibus” e dell’homo “pedalibus ciclantibus” con centinaia (oggi decine di migliaia) di motociclette in giro per la cittadina e milioni in tutto il Paese.
In poco tempo l’oggetto più richiesto e ambito sarebbe diventato quello che è ancora adesso lo status symbol per i keniani: il telefonino cellulare.
Il rapporto dell'associazione internazionale degli operatori di rete mobile GSMA, pubblicato la scorsa settimana, indica che il Kenya è una delle nazioni in cui l’uso del cellulare è più diffuso e radicato. Un popolo al telefono.
Si direbbe, tutto il mondo ormai usa lo smartphone come prolungamento naturale degli arti, s’ingobbisce camminando e lo preferisce a libri, giornali, film e incontri vis-à-vis.
I keniani fanno molto di più: il rapporto GSMA rivela che più di un cittadino su 3 usa quotidianamente i servizi di trasferimento monetario tramite telefonia mobile e la metà di questi non hanno altri depositi finanziari. In una sola parola, telefonino come bancomat.
Nei villaggi in cui la corrente non c’è del tutto (25% del Kenya) è saltuaria (15%) o i residenti non si possono permettere di pagare la bolletta (altro 15%), il cellulare diventa anche televisione (notiziari soprattutto, ma anche canali Youtube per i quali, così come con whatsapp, ci sono offerte speciali a pochi scellini al giorno) o radio, specie per i tanti che non hanno smartphone ma antidiluviane scatolette da pochi dollari.
Il telefonino viene spesso appoggiato al centro della casa o della capanna e illumina le ore buie, parla tramite predicatori religiosi, politici, telecronache di calcio o imbonitori vari. Tiene compagnia con trasmissioni di gossip e programmi di musica e divertissement. Senza contare che social network come tik-tok in Kenya vanno per la maggiore, con il sogno prima o poi di poter monetizzare il proprio canale e guadagnare anche solo il minimo per campare. Lo usano i boda-boda (ora definitivamente solo moto, in bici non gira più nessuno, se non qualche anziano nostalgico o i giovani che vogliono tenersi in forma) e i conducenti dei tuk-tuk per prendere le corse, i proprietari di chioschi traballanti per creare con app-ositi programmi locandine di serate da ballo con vino di palma e chapati da pubblicizzare che sembri di andare a Honolulu, gli askari armati di cuffie per non addormentarsi (che poi cascano tra le braccia della app “Orpheus” comunque), i ragazzini che giocano ai videogames mentre vanno a scuola e un adulto su tre che scommette online sulle partite del calcio inglese.
L’ultima cosa che si fa, con il cellulare, com’è ormai prassi un po’ ovunque, è chiamare qualcuno.

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