FISCO E DINTORNI
01-11-2024 di Freddie del Curatolo
Il governo del Kenya sta preparando un disegno di legge per poter controllare le operazioni bancarie e telefoniche dei contribuenti, attraverso il suo servizio delle imposte, la Kenya Revenue Authority (KRA).
Il progetto mira a combattere l’evasione fiscale nel Paese, ma da molti la proposta è stata accolta come un’eccessiva violazione della privacy non solo economica, specialmente per quel che riguarda la telefonia mobile. Per accedere al servizio di transazione Mpesa, ad esempio, vi sono dati sensibili privati che riguardano spostamenti, acquisti e in generale l’utilizzo del proprio denaro.
All’inizio di questa settimana, la KRA è uscita allo scoperto, annunciando un programma di “sorveglianza digitale” di massa, come soluzione per rendere più efficace la raccolta delle entrate. La KRA ha iniziato con l’emanare una direttiva ai direttori delle banche commerciali chiedendo loro di facilitare l'integrazione delle loro reti con la piattaforma iTax.
In poche parole, è un primo approccio del governo per entrare nei movimenti dei loro clienti, ed è per questo che la Kenya Bankers Association si è riservata di valutare le implicazioni della direttiva e l'impatto che avrà sulle loro operazioni e sulla credibilità nei confronti dei correntisti.
Più o meno la stessa comunicazione è stata inviata ai fornitori di servizi di telecomunicazione e ai rivenditori di telefoni cellulari. L’intenzione è quella, dal prossimo anno, di disporre dell’intero database di di tutti i telefoni cellulari in Kenya, indicizzati in base al loro numero IMEI univoco di 15 cifre. Se ciò avverrà, consentirà al governo di accedere alle attività degli utenti, compresi i modelli di localizzazione, le transazioni e la cronologia delle comunicazioni. Mpesa, App bancarie collegate ai conti ed altri sistemi di trasferimento di denaro, comprese le cryptovalute, sono già nel mirino del fisco.
Secondo il governo, l’evasione in Kenya ha dimensioni tremende: solo per quanto riguarda l’imposta sui redditi da locazione, lo Stato sta raccogliendo solo 17 miliardi di scellini all’anno, quando il potenziale si attesterebbe intorno ai 100 miliardi. Così come, secondo il ministro del Tesoro, le entrate totali dalle tasse dei cittadini e delle attività in Kenya, potrebbero quasi raddoppiare la loro percentuale rispetto all’intero PIL, passando dal 3,8 per cento a più del 6.
Probabilmente si tratta di calcoli giusti e di legittime preoccupazioni, tuttavia, è innegabile e normale che le nuove direttive abbiano sollevato preoccupazioni di keniani ed associazioni per la violazione dei dati personali. Già l’anno scorso, quando la KRA aveva proposto di modificare la legge sulla privacy dei dati, le lobby imprenditoriali, l’ordine degli avvocati e gruppi di privati cittadini avevano chiesto al Parlamento di non prendere in considerazione la proposta. “Il trattamento dei dati a fini fiscali implica la condivisione dei dati con altre agenzie statali o con le autorità fiscali di altri Paesi ai fini dell'applicazione della legge”, aveva dichiarato Amnesty International nelle sue osservazioni al Parlamento, mentre la Camera di Commercio keniana aveva affermato che tale modifica alla legge a favore del fisco avrebbe creato un pericoloso precedente per altre regolamentazioni a favore di varie istituzioni, portando ad un controllo su tutto.
Per gli imprenditori, non ha senso cambiare il sistema attuale, dato che per legge quando la Kenya Revenue Authority ha dubbi specifici può chiedere ai giudici e tramite loro alle banche stesse, informazioni su un contribuente o un’attività sospetta.
La battaglia è appena iniziata, certo è che il governo keniano ha bisogno di combattere l’evasione fiscale, ma ciò dovrebbe avvenire dopo aver epurato le proprie fondamenta e strutture portanti dalla piaga della corruzione. Per uno Stato virtuoso sarebbe più chiaro e darebbe più fiducia chiedere ai contribuenti di essere altrettanto cristallini e al limite anche “spiati”.
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