EDITORIALE
12-11-2020 di Freddie del Curatolo
Se già negli anni passati in questo periodo le mete esotiche venivano identificate come un’ancora di salvataggio per tanti italiani, oggi in piena seconda ondata della pandemia con relative restrizioni, diventano ancor più un’esigenza, un pensiero fisso e una certa categoria di connazionali farebbero (e stanno facendo) carte false pur di potersi concedere i soliti mesi all’anno di sole e di caldo.
Già, perchè è inutile negarlo la costa del Kenya viene preferita da novembre a marzo da molti “svernatori” rispetto a tante altre mete nazionali ed internazionali per il suo clima.
Sono specialmente pensionati i frequentatori assidui di Malindi e Watamu, da sempre favoriti da località dove si parla italiano un po’ dappertutto, dove ci si può muovere in libertà, un aiuto in casa (o un/a badante) costa relativamente poco e anche mangiare ci si arrangia con poco, se non fosse per l’irrinunciabile olio d’oliva (tanichetta da 5 litri di ordinanza in valigia, per i più scaltri), la pasta e il parmigiano. Certo, difficile per chi ha abitudini nazionalpopolari di decenni, tornare a bollire i pomodori invece di usare la passata, farsi piacere i biscotti della “House of Manji” invece del “Mulino Bianco” e rinunciare alle miriadi di scatolette di ogni cosa.
C’è chi invece ce l’ha fatta e ha scoperto anche che in Kenya si può mangiare bene e sano con 3 euro al giorno.
Ma il sole, la temperatura gentile e l’influsso benefico del mare e dell’Equatore, dove lo trovi se non in Kenya?
Attualmente sono due fondamentalmente i motivi che frenano questo piccolo esercito valutato in qualche migliaio di turisti (abbastanza per far alzare di qualche punto percentuale i guadagni della popolazione della Contea di Kilifi, di certe attività e dell’indotto):
1 Il divieto dell’Italia ai viaggi per turismo fuori dall’area Schengen. Non tanto perché tale divieto (come molti purtroppo in Italia) sia inaggirabile, quanto perché ha di fatto bloccato i tour operator e di conseguenza i voli charter. Non ci sono quindi più voli diretti da Milano, Roma, Verona, a volte anche Bergamo e Napoli per Mombasa. Sette-otto ore di trasferimento con hostess che parlano italiano, nessuno scalo intermedio e solo un po’ di ansia all’arrivo, con gli ufficiali dell’immigrazione aeroportuale e dopo al controllo bagagli.
2. Le problematiche legate alla sanità. Chi ha già frequentato il Kenya sa bene che nel caso succeda qualcosa di spiacevole, o ci si affida al Fato o ad una struttura privata molto costosa. Per una semplice frattura da ricomporre si possono spendere anche 1000 euro, per un’appendicite improvvisa che può andare in peritonite anche 3000. C’è chi dall’Italia si premunisce con un’assicurazione internazionale, chi stipula piccole polizze locali e si premunisce con il Flying Doctor di Amref e chi semplicemente incrocia le dita e assorbe un po’ di fatalismo africano. In ogni caso il terrorismo mediatico legato alla pandemia ha sicuramente lasciato lo strascico.
E’ quindi una battaglia di coscienza e di abitudini dover rinunciare al Kenya, davvero difficile accettare di non poter fare una cosa che fa bene al cuore, all’artrite, all’umore e al portafogli.
“Pensa te che l’anno scorso ho risparmiato 3500 euro di riscaldamento, venendo in Kenya, mi ha scritto un lettore. Quest’anno, dovendo stare sempre a casa tra lockdown e coprifuochi, ne spenderò sicuramente di più. Un disastro, con la mia pensione”.
Altri pensano a tutti gli hobby e le passioni che una “seconda estate” ha dato loro la possibilità di coltivare. E non si tratta solo di ozio e facezie, ci sono anche tanti casi nobili, chi ha buone azioni in essere (costruzione di case per famiglie conosciute in loco, adozioni a distanza ed altre opere di solidarietà che non siano per forza "volontariato") e stava programmando a rate un futuro trasferimento.
Oltre a tutti gli innamorati che dovranno lasciar sospese le questioni di cuore.
La speranza è che, in attesa del vaccino che riaprirà i confini e abbasserà la soglia di paura della gente, il Kenya venga incluso nella lista dei Paesi frequentabili dagli italiani e non obblighi i pochi “furbetti” ad infrangere la legge, convinti che sia giusto farlo perché quasi nessuno viene controllato.
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