PRODOTTI
23-04-2024 di Leni Frau
Arrivano le piogge e il Kenya mette in mostra un nuovo patrimonio culinario: i funghi.
Le mutazioni climatiche globali, che riguardano in parte anche il Kenya, hanno effetti, sia positivi che negativi, sulla fertile terra dell’equatore africano.
Uno di questi, dato dal sempre più stretto collegamento temporale e climatico tra le grandi piogge, tra maggio e luglio, e le piccole piogge di ottobre e novembre, è la presenza dei funghi commestibili sul territorio keniano.
Così anche la popolazione locale, oltre agli stranieri che già ne conoscono il piacere al palato, inizia a coltivare la passione per i funghi, anche se non c'è ancora una cultura per permettere di riconoscere quelli buoni da quelli velenosi, con le istituzioni che si stanno attrezzando per poter avviare una campagna informativa ed evitare spiacevoli episodi dati dalla scarsa conoscenza di questa risorsa della natura.
Intanto nei supermercati nazionali appaiono confezioni di champignon, galletti e simil-porcini.
Per alcuni viene indicata la provenienza (da Eldoret, soprattutto, ma anche dalle foreste intorno a Nairobi), altri arrivano da Paesi africani non lontani (Il buonissimo "Portobella" ruandese, con cappelle gustose da fare anche alla griglia), ma spesso alcuni non recano alcuna indicazione e molto probabilmente non sono stati sottoposti a controlli particolari da parte dell'ufficio d'igiene.
Quest’anno le piogge in realtà non sono mai completamente cessate, anche se da febbraio abbiamo assistito ad un’aumento delle temperature che ha accompagnato due mesi pieni di siccità. Le foreste e la vegetazione in ogni caso hanno risentito in maniera benefica dell’umidità ed è aumentato, il commercio di funghi.
Anche in Kenya, infatti, esistono quelli buoni e commestibili, alcuni addirittura rari e preziosi.
Magari non saranno pregiati e profumati come i porcini, ma hanno la consistenza piacevole e il buon sapore simili ad alcune delle varietà che possiamo trovare nel nostro Paese.
Galletti, finferli, chiodini, prataioli (champignon) abbondano nelle foreste del Kenya, e si possono trovare ad esempio anche sulle colline di Taita o nella Arabuko Sokoke Forest a ridosso di Watamu.
Nella boutique all’ingresso della foresta a volte si trovano dei simil-galletti che a dire il vero non sanno di molto, ma non sono nemmeno da trascurare per un risottino.
Da Naivasha arrivano invece buoni champignon, ottimi da fare saltati in padella, trifolati o fritti.
Ma quello più pregiato e davvero particolare arriva dalla Rift Valley, nelle terre dei Luhya.
Si tratta dell’obukufuma, un fungo che la popolazione locale da sempre coglie e cucina, dopo averlo essiccato e affumicato e che la Fondazione internazionale Slow Food vuole tutelare, insieme ad altre rare risorse di questa terra meravigliosa.
Seccato assomiglia vagamente a un porcino, con la corona grigiastra e il gambo bianco, che può raggiungere anche 40 centimetri di altezza (la cappella anche 30 di diametro). I luhya sono soliti affumicarlo perché così può durare fino a sei mesi, e lo utilizzano per insaporire zuppe o per mischiarlo con mais o fagioli.
L’obukufuma viene raccolto durante le ore del mattino nella Valle dell’Epanga e in genere nei boschi della contea di Vihiga, nel Kenya nord occidentale.
L’obukufuma ha anche un significato importante per la comunità locale.
Chi trova funghi viene ritenuto un uomo virtuoso e fortunato, chi li sogna ma non li trova invece potrebbe avere dei problemi in famiglia.
I funghi obukufuma crescono naturalmente su terreni fertili e sono raccolti sia per la vendita sia per il consumo domestico,ma sono sempre più rari a causa della civilizzazione e dei fertilizzanti utilizzati a ridosso delle foreste.
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