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Il Kenya deve scommettere sul pesce

L'acquacoltura può sfamare e dare lavoro

19-05-2022 di redazione

Tutto il mondo guarda ai paesi che hanno chilometri di coste, ma anche grandi bacini d’acqua dolce. I cambi climatici mettono in crisi la terra e le coltivazioni, e il mare diventa una risorsa sempre più importante per il nutrimento della popolazione mondiale.
La FAO stima che entro il 2030 l’uomo consumerà oltre 30 milioni di tonnellate di pesce all’anno e che la pesca di cattura da sola non può soddisfare la domanda, da qui la necessità di una rapida espansione dell’acquacoltura. Il Kenya rappresenta una grande opportunità, dato che è uno dei paesi che si affacciano direttamente sull’oceano indiano, uno dei mari più pescosi della Terra. Tuttavia, l’Africa subsahariana ha quantità limitate di produzione dell’acquacoltura per soddisfare la domanda di pesce. Questo divario tra domanda e offerta crea eccellenti opportunità, soprattutto per il settore dell’acquacoltura keniota, sulla base di condizioni climatiche favorevoli e di vaste quantità di aree adatte alla produzione dell’acquacoltura.
Il Kenya può e deve sfruttare al meglio gli oltre 1,14 milioni di ettari di costa, fiumi e laghi, una vastissima rete di risorse acquatiche. L’attuale produzione ittica annuale in Kenya è di 400.000 tonnellate, mentre la domanda annuale è di 600.000 tonnellate. Oltre a questo considerevole deficit di produzione, il livello di consumo di pesce è di soli 4 kg pro capite all’anno, molto al di sotto della media globale di 20 kg. Al fine di aumentare il livello di consumo di pesce e frenare la denutrizione, è importante creare consapevolezza sui benefici per la salute del pesce, in particolare per donne e bambini, poiché il pesce contiene alti livelli di nutrienti benefici come zinco e ferro.
Secondo la FAO, il paese potrebbe arrivare addirittura ad una produzione di 11 milioni di tonnellate di pesce all’anno.
Sono molte le sfide da affrontare, dalle infrastrutture, anche a livello di piccoli produttori, ai mangini efficaci ed economici. E’ assurdo che il Kenya li debba importare, quando avrebbe la possibilità di produrli. Ma l’acquacoltura è sicuramente una delle possibilità più grandi e futuribili per sfamare e allo stesso tempo dare lavoro a migliaia di keniani.

TAGS: pesceallevamentooceanofame

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