Ancora almeno dieci giorni di maltempo e instabilità in Kenya. Questo prevedono gli esperti meteorologi dell’Africa Orientale, mentre il conto dei disastri e delle emergenze nel paese continua a salire e come sempre accade il Kenya risulta anche tra le regioni più fortunate, con la Somalia che ha dati ancora più impressionanti, e anche Tanzania ed Etiopia flagellate.

Mentre il numero dei morti tocca le settantuno unità e le famiglie sfollate sfiorano le 100 mila, le contee contano i danni alle infrastrutture (ponti, strade, condutture dell’acqua e della luce) e alle strutture (scuole, ospedali, uffici pubblici), mentre la gente si ritrova senza casa, attività o con situazioni per le quali serviranno fondi che per loro è impossibile recuperare, per poter tornare alla normalità e in molti casi al lavoro che dà la sopravvivenza.
Inutile dire che in Kenya “assistenzialismo” è una parola che non esiste ancora e chissà mai se esisterà in futuro, dato i tempi che corrono in tutto il mondo.

Se alluvionati e terremotati in Italia devono attendere anni prima di vedere rimborsi e nel frattempo ricevono aiuti, sussidi e prefabbricati, in Kenya gli aiuti umanitari sono limitati alla splendida attività di emergenza della Croce Rossa ed aiuti di cibo e medicine di associazioni e privati.
Ieri il vicepresidente del Kenya Rigathi Gachagua ha dichiarato che il governo non fornirà fondi per gli sforzi di risposta alle inondazioni, dicendo che da Nairobi sono già stati stanziati 65 milioni di dollari in precedenza, per prepararsi all’arrivo del ciclone El Niño e che devono essere spesi di conseguenza.

Il governatore di Mombasa, Abdulswamad Nassir, ha smentito Gachagua, criticando il suo operato.
"Siamo scioccati nel vedere governatori che si lamentano di non aver ancora ricevuto fondi per El Niño dal governo nazionale; altri fondi non arriveranno", ha dichiarato mercoledì Gachagua.
Il solito ping-pong che lascia il paese letteralmente nel fango.