Dalla celeberrima “Amica geniale” di Elena Ferrante, che dall’Italia ha conquistato i lettori di mezzo mondo, ad una nuova “amica solidale” che dall’Africa parla all'Italia con un carico di speciale umanità.
Effetto del magico Kenya e della solarità di una donna profonda e leggera al tempo stesso, nel suo modo (e nel suo mondo) di raccontare.
Esmeralda Lovatelli, alla seconda prova letteraria dopo l’ottimo riscontro dell’esordio con “E l’Africa mi richiamò”, non solo conferma il piacere di una lettura scorrevole e femminile, che si sorseggia come un gin tonic leggero con profumi e botaniche d’equatore, ma colpisce nel segno con l’essenza e la punta d’amaro finale di una vicenda umana che ha il suo riscatto, senza il peso di una morale ma con uno sguardo coinvolto e passionale su una tematica purtroppo di attualità come quella della violenza di genere.
“Io sono tutte loro” è la storia di tante storie, ma è soprattutto la storia di un’amicizia tra due ragazze che diventano donne, tra dolori d’infanzia, uomini buoni o possessivi, il mal d’Africa di chi se ne separa con il sogno di tornare e il “male dell’Africa” di chi ci è nato e ne vive la miseria, non solo economica, ogni giorno.
Sullo sfondo, la bellezza della Rift Valley keniana, la sua natura e la semplicità, ma anche la crudeltà della sua gente.
Zoe e Rachel, amiche per la pelle, crescono insieme e rappresentano due anime di una sola ipotetica futura donna, anche se naturalmente prevale quella colpita da un grande dolore (la perdita della mamma da piccola) e dal carattere più fragile e complesso.
E’ proprio la sua fragilità, oltre alla lontananza dal suo Kenya e dall’amica, a trascinarla nelle spire di un amore tossico.
In questo rimbalzo di realtà, ansie ed emozioni, l’autrice, senza perdere il filo della narrazione di un’amicizia, riesce a distinguere le due personalità (col contorno dell’assortito nucleo familiare), grazie all’espediente letterario del racconto in prima persona alternato a lettere e pensieri della seconda.
C’è poi un altro aspetto, che impreziosisce questo “romanzo di formazione” e ne prende le redini in vista del traguardo, quello sociale.
Da un’esperienza che la scrittrice ha vissuto personalmente in una struttura di recupero per donne abusate a Naivasha, si sono materializzate le storie vere che le sono state raccontate e ha preso forma il libro. Ed è naturale e d’effetto per il lettore arrivarci alla fine della narrazione, come summa del viaggio e della maturazione delle due giovani amiche.
La seconda opera è sempre la più difficile di tutte, diceva John Lennon, è il cosiddetto “sophomore slump” che tende a svuotare idee e inventiva dello scrittore, specie quando nel suo esordio ha speso tutto quel che aveva dentro, mettendoci spesso la sua stessa vita.
Esmeralda Lovatelli, grazie alla fantasia, alla socialità, alla voglia di vivere che le dona un’eterna giovinezza non solo interiore, alla splendida e numerosa famiglia (cinque figli!), ha superato brillantemente la prova sdoppiandosi e immaginando, senza perdere l’autenticità, due realtà parallele, non solo quella migliore o peggiore di Zoe e Rachel, ma quella traumatica di tante donne africane, che noi europei d’Africa sfioriamo soltanto, fino a quando...

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