EDITORIALE
20-07-2023 di Freddie del Curatolo
Speriamo proprio che quella di ieri sia stata l’ultima delle giornate di protesta contro il governo e il carovita, organizzate dall’opposizione e specialmente dal suo vecchio leader (a 78 anni lo si può anche definire così) Raila Odinga. C’è la speranza, non solo perché da più parti è stato invocato un confronto tra le due fazioni (non solo dagli ambasciatori presenti a Nairobi, ma più o meno da tutti gli attori commerciali, dalle associazioni di diritti umani e dalle persone di senno del paese) ma perché anche se il caos è sempre stato circoscritto, oltre ad andare in fumo ogni volta 21 milioni di dollari, secondo le stime del ministero del Tesoro, si rischia di creare la sensazione che il Kenya stia diventando un paese instabile, quando invece è l’indigenza a premere e soprattutto sono avidi politici a far leva sui più irrequieti e disperati tra la popolazione. La situazione economica è pessima, in questo momento, ma le colpe non sono (solo) del nuovo governo, che va giustamente monitorato e anche pungolato se è il caso da un’opposizione che deve portare critiche costruttive e lavorare quanto più possibile in sinergia, aspettando il suo turno che verrà deciso comunque dal popolo, perché siamo in una democrazia.
Ieri si sono consumati altri scontri, con assalti a proprietà pubbliche e private deliberati, anche in zone in cui la polizia non presidiava, né minacciava nessuno. In altre città, specie nelle roccaforti di Odinga, invece ci sono state violenze a cui le forze dell’ordine hanno risposto sparando, con il risultato di ospedali pieni e tanta rabbia. Una protesta flop, senza comizi né cortei, senza soluzioni, solo l'occasione per chi non lavora neanche gli altri giorni, per fare un po' di casino.
Durante la giornata di proteste, il ministro degli Esteri Alfred Mutua ha convocato i giornalisti, per fare luce su alcune questioni, che ci sembra giusto sottolineare, ovviamente tenendo presente che si tratta del parere di chi sta al governo.
“Da quando il governo si è insediato dieci mesi fa, il presidente William Ruto si è impegnato con la comunità internazionale ed è riuscito a promuovere il Kenya come una destinazione attraente per il commercio e gli investimenti. L'effetto netto di ciò ha portato a una serie di nuove opportunità che stanno avendo un impatto positivo sulla nostra economia – ha esordito Mutua -, la scorsa settimana, il Kenya ha ospitato più di dieci capi di Stato e di governo per discutere le nuove frontiere della promettente area africana di libero scambio. Proprio questa mattina, il Presidente ha incontrato il principale consulente commerciale e portavoce della politica commerciale statunitense. Il Kenya è aperto agli affari, come governo, continuiamo a posizionare il nostro Paese come destinazione preferita per il commercio, gli investimenti e il turismo. Tuttavia, questi sforzi sono stati ostacolati da sabotatori economici mascherati da proteste contro il costo della vita”.
Mutua ha spiegato che l’economia del Kenya è “vittima” delle manifestazioni di protesta, per via delle quali il processo di stabilizzazione dell’economia, della creazione di nuovi posti di lavoro e opportunità per i giovani viene seriamente compromesso.
“Ciò avverrà solo in un ambiente sicuro e stabile, privo di propaganda e opportunismo politico – ha proseguito Mutua, criticando l’ufficio dei diritti umani di Ginevra, che ha trasmesso ai media dati secondo lui gonfiati riguardo agli scontri tra dimostranti e polizia.
“Quella dichiarazione non era solo imprecisa, ma anche fuorviante e sembrava essere stata scritta a sostegno di una campagna di propaganda da parte di persone contrarie alla volontà democratica del popolo – ha detto – abbiamo protestato con il portavoce per la sua dichiarazione priva di fondamento. Ci impegneremo attraverso i canali appropriati per garantire che la comunità internazionale non venga risucchiata in cospirazioni che mirano a destabilizzare la nostra nazione”.
Vale la pena ricordare che le destinazioni turistiche, da quelle di mare alla savana, non sono state sfiorate dalle proteste, pur avendo alcune di loro, come ad esempio la contea di Kilifi con Malindi e Watamu, una maggioranza nella sua amministrazione di politici dell’opposizione. Qui il buonsenso ha prevalso e spesso sono gli stessi lavoratori, molti di cui occupati nel settore del turismo, ad isolare i provocatori.
Giusto manifestare il proprio dissenso e soprattutto far presente una situazione difficile che grava sul pranzo di tanta gente, sbagliato cadere nella trappola di proteste programmate solo per rivendicazioni di una o dell’altra classe politica. E noi italiani, guardando indietro alla nostra storia recente, di queste cose ce ne intendiamo bene.
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