L'Alta Corte del Kenya ha bloccato la richiesta dell’autorità nazionale delle comunicazioni che aveva disposto per chi entrasse nel Paese, oltre che i residenti, l’obbligo di dichiarare il codice IMEI (International Mobile Equipment Identity) del proprio dispositivo di telefonia mobile.
Il giudice Chacha Mwita ha emesso le ordinanze cautelari venerdì, in attesa dell'udienza di una petizione presentata dal Katiba Institute, ritenendo pertinente la richiesta secondo cui “la divulgazione obbligatoria dei numeri IMEI rappresenta un rischio significativo per i diritti e le libertà fondamentali degli individui. Sostiene che questo requisito potrebbe consentire una sorveglianza statale ingiustificata”.
In un primo tempo, l’ordinanza sembrava riguardare anche i turisti in arrivo in Kenya, dal prossimo 1 gennaio 2025, ma successivamente la ministra del Turismo, Rebecca Miano, aveva negato questa ipotesi. La regolamentazione, però, risultava in atto da un avviso dell’agenzia delle entrate (KRA) dello scorso 5 novembre. Secondo il KRA la misura farebbe parte di “un'iniziativa volta a migliorare la compliance fiscale”.
“Se combinati con ulteriori informazioni personali, come nomi o dettagli di volo e doganali, i numeri IMEI possono essere utilizzati per identificare gli individui e quindi costituiscono dati personali”, si legge nella petizione accettata dall’Alta Corte. Il Katiba Institute mette in guardia dai potenziali pericoli della raccolta dei numeri IMEI senza un'adeguata supervisione, sottolineando l'urgenza di fermare quella che descrive come una “terribile tendenza”, sollevando anche preoccupazioni sulla mancanza di trasparenza per quanto riguarda la salvaguardia dei dati raccolti. Si chiede chi controllerà e accederà al database IMEI, quali misure di sicurezza saranno adottate e se saranno disponibili rimedi efficaci per le persone danneggiate dalla raccolta di questi dati. La questione sarà discussa il prossimo 18 dicembre.