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15-05-2017 di redazione
Per chi vive a Malindi e dintorni è facile constatare come nei bancali dei supermercati e nella coloratissima e allegra confusione di chioschi, bazar e baracchette locali, da un po' di tempo a questa parte, manchi l'alimento principale dei cittadini kenioti: la farina di mais per fare la "sima" o "ugali", insomma il piatto nazionale del Kenya: polenta bianca con vari condimenti e companatici.
La situazione è diventata grave, specialmente per chi non ha risorse tali da permettersi altri cibi di sostentamento che riempiano lo stomaco in maniera altrettanto efficiente. Mangiare riso, ad esempio, specialmente tra i giriama della costa, viene considerato un lusso (magari una volta alla settimana un riso e fagioli, o addirittura un riso "pilao" con carne).
Il cosiddetto "shortage" di unga wa mahindi (farina di mais) è spiegato con il lunghissimo periodo di siccità che tutto l'Est Africa ha vissuto recentemente e a cui le piogge di quest'ultima settimana non hanno ancora posto rimedio.
I prezzi delle poche riserve di farina di mais sono saliti alle stelle, e i 750 mila pacchi che l'associazione dei lavoratori dei cereali (Cereal Millers Association) avevano nei depositi, hanno garantito fino ad oggi, secondo i consumatori, solo un terzo del fabbisogno nella sola Nairobi.
Ora stanno per arrivare derrate di mais da Paesi stranieri, ci sarebbe già un cargo pronto per essere sdoganato al porto di Mombasa con 230 mila tonnellate di mais da macinare, proveniente dal Messico via Durban, in Sudafrica.
Ma in questo caso i prezzi saliranno alle stelle e in questo particolare momento politico sarebbe un bel problema da affrontare per il Governo.
Così ad una crisi che secondo il direttore della CMA è "reale e molto seria", si aggiungono anche problemi politici, con la demagogia che ne consegue.
Così, nel frattempo, si consuma la farina "00", e si cerca di supplire alla mancanza di sima con chapati e pane.
Ma per i già provati e semivuoti portafogli dei keniani questa situazione non può durare a lungo.
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