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Kenya: l'orrore del fiume dei cadaveri sconosciuti

A Yala in pochi mesi recuperati più di 30 morti

20-01-2022 di redazione

C’è un luogo vergine e nascosto nella regione di Siaya, a nord di Kisumu. Uno dei tanti posti d’incanto tra il lago Vittoria e la strada che porta in Uganda.
In tanti, di passaggio da quelle parti, si fermano nei punti panoramici ad ammirare le cascate di Ndanu, a scattare selfie ed immergersi nella rigogliosa natura, attraverso percorsi che esaltano gli amanti del trekking.
Per le comunità locali, oltre a questo, c’è la benedizione del fiume Yala che da quelle cascate porta acqua fresca e pura tra i villaggi della zona, permette alle donne di lavare e utilizzare l’acqua per i fabbisogni domestici e al limite filtrarla e usarla per cucinare e bere nei periodi di siccità.
Questa antica risorsa negli ultimi mesi si è trasformata in un film dell’orrore e nessuno mette più piede al fiume. Da quando un abitante del villaggio di Ulumbi recuperò il primo cadavere senza nome di un uomo. Pochi giorni dopo, nella vicina Marenyo affiorava un altro corpo senza vita, questa volta in avanzato stato di decomposizione.
Da allora sono 21 i corpi recuperati, fino all’ultimo, pochi giorni fa, avvolto in un sacco di juta e chiaramente ucciso a colpi di machete.
Per gli abitanti della Contea di Siaya il salvifico Yala si è trasformato nel “fiume della morte” e la notizia in poco tempo ha fatto il giro del Kenya, tanto che numerosi attivisti come il noto Boniface Mwangi ed anche i media nazionali si sono mossi e recati sul posto per intervistare la gente della zona delle cascate di Ndanu e saperne di più, dato che le autorità locali sembrano brancolare nel buio. Già, perché i cadaveri non sono di residenti della zona, anzi alcuni sono chiaramente di etnie poco presenti sul lago Vittoria. L’ultimo, ad esempio, era somalo.
Quel che si sa è che quasi tutti i corpi (due appartengono a donne, tutti gli altri sono di uomini) presentano ferite alla testa ed alcuni avevano ancora le mani legate alla schiena. E’ come se fossero stati deportati in prossimità delle cascate e poi gettati verso il fiume. Non si sa se in un solo momento o in tempi diversi.
La polizia locale ha rilasciato una dichiarazione smentendo le testimonianze dei testimoni locali e dicendo che il numero dei cadaveri recuperati si riferisce al totale degli ultimi due anni, ma un residente avvezzo alle immersioni nel fiume e già abituato a recuperare corpi di ragazzi annegati nel fiume, Nicholas Okero, ha ammesso di aver recuperato, dal luglio del 2021, ben 31 corpi e che tutti sono stati portati alla stazione di polizia di Yala e segnalati come non identificati. Okero ha riferito al quotidiano Daily Nation che alcuni dei corpi erano imballati ordinatamente in sacchi.
"A volte la gente ha riferito di aver visto sacchi che galleggiavano nel fiume. Per esempio, a novembre, cinque sacchi galleggiavano vicino al ponte di Yala e la gente pensava che qualcuno avesse scaricato spazzatura nel fiume – ha riferito Okero - Cinque giorni dopo, l'odore era insopportabile. È allora che è emerso che i sacchi contenevano dei corpi".
Di giorno in giorno spuntano nuove testimonianze per quella che parrebbe una vera e propria mattanza, un’esecuzione di gruppo o reiterata nel tempo. Altre testimonianze che devono essere verificate parlano di veicoli che nottetempo scaricherebbero i corpi nel fiume.
La comunità delle donne di Yala ha riferito che l’acqua del fiume in alcuni punti, come la confluenza con il torrente Edzawa, è putrescente e sicuramente incastrati tra le rocce delle rapide ci sono altri corpi in decomposizione. L’acqua del fiume Yala da sempre irrora campi e serve migliaia di abitanti di tutta la sottocontea, fino alla cittadina di Bondo, nota per aver dato i natali al candidato premier Raila Odinga.
L’immobilismo delle istituzioni locali sta irritando la gente della zona. C’è chi accusa la polizia di connivenza con i presunti criminali che scaricano i corpi al fiume e chi chiede semplicemente sia fatta un’indagine seria, oltre alla speranza che portando alla luce questa ignominia si sia fermato il flusso di cadaveri che sta rendendo il fiume un letto di morte.
Dopo l’orrore, resta il quesito più grande: chi erano queste persone? E perché nessuno li ha ancora reclamati?

TAGS: cascate kenyamorti kenya

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