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POLITICA

La situazione in Kenya tra referendum ed elezioni

Uno sguardo alla politica e alle prossime strategie del Paese

22-02-2021 di Freddie del Curatolo

Tra un anno il Kenya tornerà alle urne e di fatto la campagna elettorale è già iniziata.
Una campagna insolita, che si manifesta in altre sedi. Non certo piazze e stadi, per via delle restrizioni della pandemia che vieta assembramenti, ma nemmeno in Parlamento dove maggioranza e opposizione, seppur divise nominalmente in due poli contraddistinti, rappresentano di fatto un solo schieramento. Vediamo perchè.

COME SI ARRIVA ALLE ELEZIONI 2022
Ogni cinque anni, dall’introduzione del sistema multipartitico nel 1992, si svolgono libere (quasi sempre) elezioni. Il sistema è quello di una Repubblica Presidenziale, in cui il Capo di Stato riunisce in pratica i poteri del Presidente e del Primo Ministro. Per effetto della Costituzione, un Presidente non può restare in carica per più di due mandati.
Nel 2022 quindi scadrà l’eleggibilità di Uhuru Kenyatta e ipoteticamente la caccia ad un nome nuovo o ad una vecchia volpe della politica nazionale è aperta.
Dopo l’instabilità etnico-sociale che portò al caos post-elettorale del 2008 (le elezioni si svolsero negli ultimi giorni di dicembre 2007) ed il referendum per approvare sostanziali modifiche della Costituzione, tra cui l’introduzione della Devolution e delle Contee, le votazioni dell’ottobre 2017 portarono seriamente la Nazione al limite della Guerra Civile. Lo storico candidato dell’opposizione Raila Odinga, rappresentante del partito Orange Democratic Movement (ODM) dopo aver rigettato la sconfitta e vinto il ricorso alla Corte Suprema per incostituzionalità delle elezioni, nella ripetizione della tornata elettorale, dichiarò nuovi brogli e si ritirò dalla competizione. Questa volta la Giustizia non gli diede ragione, decretando la vittoria del partito già al potere, il Jubilee.
La difficile gestibilità del Parlamento ed il rischio che il Paese potesse ripiombare in lotte intestine di stampo tribale, ha portato i due rivali di sempre, Uhuru Kenyatta e Raila Odinga (spinti e non poco dai creditori internazionali del Paese, in primis Cina e Stati Uniti) a sedersi ad un tavolo ed individuare una strategia che possa dare stabilità politica ed economica negli anni al Kenya.
E’ bastata una stretta di mano e i rapporti spesso cruenti tra maggioranza e opposizione, da sempre in Kenya identificati con l’ostilità delle due più potenti tribù, Kikuyu (Kenyatta, figlio del primo storico Presidente del Kenya indipendente) e Luo (Odinga, figlio del primo Vicepresidente e poi a lungo grande oppositore del potere), sono decisamente migliorati.

LA  BBI E L’INCOGNITA RUTO
Dietro allo “shaking hands” c’è di fatto una grande alleanza che cerca di indebolire il grande rivale, l’uomo evidenziato come elemento di instabilità perché appartenente ad una tribù minore ma ondivaga e molto agguerrita. L’attuale Vicepresidente William Ruto ha dietro di sé non solo i “suoi” Kalenjin, che da soli non gli permetterebbero di essere eletto ma si sono rivelati fondamentali per spostare voti sia per Odinga precedentemente, che per Kenyatta successivamente, ma anche parte della classe dirigente rampante del Paese, tra cui esponenti di tutte le etnie del Paese.
Come prima mossa, ha fondato un nuovo partito, il “Wheelbarrow” (partito della carriola), chiamando altre forze politiche minori ad una nuova alleanza, l’UDA (United Democratic Alleance) in cui sono confluiti non solo politici Kalenjin, ma anche esponenti di altre tribù e di formazioni interetniche.
Ruto è uomo di grande carisma e ha l’impatto sul popolo dell’uomo di successo che si è fatto da sé partendo dalla povertà e non come Uhuru e Raila nascendo con il cucchiaio d’argento in bocca e crescendo da rampollo miliardario.
Ma il Vicepresidente è sinonimo di futuro incerto anche per i mercati esteri e per chi vuole investire a lunga gittata in Kenya. Per questo la grande alleanza dei due leader di maggioranza e opposizione
si è inventata la BBI (Building Bridges Initiative) - https://malindikenya.net/it/articoli/notizie/editoriali/bbi--cos-e-e-cosa-sta-succedendo-in-kenya.html#CLICCA QUI PER SAPERE COS’E LA BBI – un programma condiviso che porterà ad un referendum nazionale per modificare ancora una volta la Costituzione. In questo caso si cercherà di trasformare la Repubblica da presidenziale a “oligarchica”, introducendo il ruolo del Primo Ministro accanto a quello del Presidente (come era accaduto per alcuni mesi dopo le rivolte del 2008, su consiglio del grande paciere Koffi Annan).
Questa modifica permetterebbe a Kenyatta di restare ai vertici dello Stato, come Primo Ministro e al vecchio Odinga di coronare finalmente il suo sogno, quello di suo padre e di tutta la popolazione Luo, di essere Presidente della Repubblica del Kenya.
Sotto di loro, secondo il disegno di legge suggerito dalla BBI, ben 2 vicepresidenti e 2 viceministri.
Ecco perché questa tornata elettorale sarà diversa da tutte le altre, perché a giugno si dovrà presumibilmente passare da un referendum che legittimerà o meno il cambiamento e di fatto potrebbe già sancire il prossimo Governo. In questo caso la campagna elettorale diventerebbe una pura e semplice caccia a poltrone già pronte per essere assegnate a chi si schiererà con la Grande Alleanza. I passaggi per arrivare al referendum stanno avvenendo in questi giorni e prevedono che ogni Parlamento delle 47 Contee approvi il disegno di legge BBI. Una volta che 24 Contee lo avranno fatto passare, il Governo chiederà a Senato e Camera (dove la maggioranza è schiacciante per via dell’alleanza stessa) di indire il referendum che, appunto, dovrebbe svolgersi in giugno.
Nel frattempo William Ruto, che ormai è assurto a unico vero leader della futura opposizione, pur paradossalmente occupando la poltrona di Vicepresidente, sta alla finestra cercando alleanze tra i delusi, gli scartati, gli assetati di potere, le minoranze indecise e i gruppi etnici che intravvedono la possibilità di non essere ben rappresentati dalla prima leadership Kikuyu-Luo della storia del Kenya.

LA SITUAZIONE ATTUALE
In questi giorni le varie Contee stanno discutendo e votando il programma BBI. Già 13 Parlamenti hanno deliberato a favore dell’iniziativa congiunta dei partiti Jubilee e ODM, mentre la sola Contea di Baringo, una delle 5 roccaforti di William Ruto, si è espressa con voto contrario.
Nei prossimi giorni dovrebbero arrivare i verdetti delle Contee della regione più vicina ai Luo, tra le terre Masai ed il Lago Vittoria e non dovrebbero esserci sorprese per la grande alleanza. Più incerte le Contee a nord del Paese, infestate già endemicamente da lotte intestine tra tribù e minate da conflitti per le terre da popolazioni seminomadi di pastori.
Alcune Contee hanno chiesto proroghe, forse per vedere come soffia il vento, mentre sarà decisiva anche la decisione delle 6 contee costiere, da sempre unite e quasi tutte a maggioranza ODM, dove però negli ultimi anni sono confluiti anche tanti parlamentari che vi erano entrati quando vi militava anche Ruto. Ora che il Vicepresidente ha preso una direzione diversa ed autonoma, sta nascendo l’idea di formare un partito della costa, che si potrebbe alleare con lo stesso Ruto, una volta assodato il suo ruolo di leader della nuova opposizione. Non pare molto propenso ad una soluzione del genere il Governatore di Mombasa Hassan Joho, fedele a Raila Odinga ed indicato anche come uno dei possibili futuri vicepresidenti. Per ora, insomma, anche in riva all’Oceano Indiano si gioca a carte coperte. Ma è questione di giorni (secondo Raila Odinga già questa settimana si potrebbe avere la maggioranza), e già molto prima di giugno e delle indicazioni referendarie si dovranno inevitabilmente fare le squadre ed iniziare i giochi.

TAGS: politica kenyaelezioni kenyapartiti kenyareferendum kenya

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