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Massacro di Shakaola, la storia fino ad oggi

Salgono a 237 le vittime, scheletri anche nello Tsavo?

22-05-2023 di Freddie del Curatolo

La più incresciosa vicenda di culto e morte di sempre in Kenya, il cosiddetto “massacro di Shakaola” nell’entroterra di Malindi, ha raggiunto ieri il tragico numero di 237 morti, con il ritrovamento di altri due scheletri di adulti nella foresta adiacente al terreno di proprietà del controverso predicatore Paul Mackenzie Nthenge, tuttora agli arresti nella cittadina costiera.

Tutto era iniziato due mesi fa, con la denuncia di alcuni testimoni del villaggio a sessanta chilometri da Malindi, sulla strada per il parco nazionale dello Tsavo Est, una strada asfaltata quattro anni fa, molto conosciuta dal turismo internazionale. Pochi avrebbero potuto sospettare che proprio ai bordi di quell’unica direttrice che porta in uno dei paradisi naturali del paese, dove si possono ammirare nella sconfinata savana tutti gli esemplari di fauna selvatica equatoriale, si stava consumando un’incredibile tragedia dagli oscuri risvolti legati alla fede.

Il primo ritrovamento di una famiglia, sepolta in una fossa comune ad un metro e mezzo circa di profondità, fece scattare le investigazioni che portarono immediatamente ad un primo fermo per il sedicente pastore Paul Mackenzie Nthenge, fondatore dieci anni fa della “Chiesa internazionale della buona novella”, un capannone a Malindi in cui radunava fedeli, che si avvicinavano al suo culto guardando le sue prediche su un canale Youtube e una televisione in streaming.
In poco tempo, giungevano da ogni angolo del paese nuovi adepti della chiesa di Mackenzie, che radunava centinaia di persone, convincendoli ad ore e ore di preghiera ogni giorno e al digiuno assoluto durante le sessioni, al ritmo scandito dalle sue "lezioni" quasi indemoniate.
Il predicatore fu al centro di investigazioni da parte della polizia una prima volta nel 2017, dopo una denuncia da parte di associazioni di genitori che reclamavano l’abbandono della scuola da parte dei loro figli che venivano esortati da Mackenzie a non frequentare le lezioni, scegliendo la preghiera nonstop. La sua chiesa malindina è stata chiusa con l'accusa di "praticare un'educazione alternativa a quella scolastica" senza le licenze necessarie.


Il predicatore non si è mai fatto intimidire e, forte della sua popolarità, ha proseguito imperterrito con il suo culto estremo. D'altronde le leggi di un paese giovane in cui sembra che basti acquisire e pagare una licenza per fare qualsiasi cosa, dall'abbattere piante secolari ad aprire una nuova chiesa protestante, lo ha aiutato.
Secondo l’accusa che ora lo inchioda, piano piano Mackenzie si sarebbe fatto consegnare beni materiali dai suoi fedeli, che si dovevano secondo lui “spogliare” di tutto per abbracciare la preghiera.

La riesumazione dei primi corpi fa luce sull’agghiacciante scoperta legata alle nuove “disposizioni” del predicatore pazzo: ai fedeli, riuniti nel terreno di sua proprietà a Shakaola, lontano dagli sguardi indiscreti, veniva suggerito di digiunare ad oltranza per arrivare a “vedere Gesù in paradiso”.
Secondo Mackenzie, prima della fine del 2023 sarebbe arrivata sulla Terra una sorta di mutazione religiosa per la quale Satana avrebbe preso il controllo dei viventi e l’unico modo per salvarsi sarebbe stato quello di ascendere al cielo, dopo aver ripulito il proprio corpo, per sedere dalla parte giusta del Credo.

Dai primi ritrovamenti di fine marzo, mentre il predicatore veniva rilasciato una prima volta su cauzione dalla polizia di Malindi, si passa a metà aprile quando vengono trovati altri otto corpi seppelliti insieme, tra cui quattro bambini.
A quel punto Mackenzie viene arrestato senza possibilità di rilascio temporaneo e il governo da Nairobi decide di inviare una task force per investigazioni intensive in loco. Si presenta sul posto anche il capo della polizia nazionale e successivamente il ministro degli Interni Kithure Kindiki.
Le operazioni sono condotte dal commissario regionale della costa, Rhoda Onyancha mentre i vertici della polizia della contea di Kilifi vengono trasferiti altrove, colpevoli di aver ignorato la gravità della situazione. Probabilmente, sorvegliando fin dalle prime denunce il predicatore, avrebbero salvare molte più delle 90 persone trovate vive (alcune in gravissime condizioni sono state ricoverate all’ospedale di Malindi) fino ad ora.


Le ricerche condotte seriamente, nell’ultimo mese hanno riportato alla luce i resti di 237 seguaci della setta, mentre la Croce Rossa ritiene che in tutto siano 610 le persone scomparse. Se tutte fossero morte di digiuno sarebbe il più ingente suicidio di massa di tutto il continente africano. 
Nel frattempo la polizia di Mombasa ha messo sotto torchio un pastore ben più conosciuto ed influente di Mackenzie. Il suo nome è Ezekiel Odera e vicino a Kilifi sta creando un centro religioso enorme, che sembra quasi una cittadella del culto, con hotel, centri conferenze ed altre “facilities”.
Secondo l’accusa, Odera avrebbe avuto dei contatti con il predicatore di Shakaola e gli avrebbe anche inviato dei fedeli. Ci sarebbero operazioni bancarie a dimostrarlo.
Per tutte le discussioni su come in Kenya questi carismatici “uomini di fede” riescano a convincere persone di diverse estrazioni sociali e cultura a rinunciare alla loro vita per seguire ciecamente le loro indicazioni, occorrerebbero pagine e pagine. Ma considerando che anche in un paese che ha radici culturali più antiche e profonde e non legato al protestantesimo, così come diffidente nei confronti di culti e sette, emergono fenomeni di guru e visionari di Madonne, si può pensare che il crollo di valori di quest’epoca, unito al bombardamento di informazioni, psicosi, tuttologi e falsi profeti, abbia davvero scombussolato milioni di menti deboli o comunque facilmente influenzabili.

Oltre l’aspetto inquietante delle morti, alcune avvenute anche per strangolamento, specialmente quelle dei bambini, in Kenya è stato scoperchiato in maniera violenta il tema delle migliaia di “chiese” nate in maniera semplice e spontanea. Basta una licenza come un normale “club” o associazione, per diventare predicatori e poter radunare centinaia di fedeli, con la possibilità di abbindolarli, farsi cedere le proprie finanze e proprietà e gestirne i capitali, arricchendosi e aumentando il valore della propria setta. I fondi di Odera, disseminati in svariati conti in banca, ammonterebbero a circa 5 milioni di euro.

Anche il presidente William Ruto, conosciuto per essere un osservante cattolico, è intervenuto sulla vicenda, chiedendo scusa ai connazionali per aver sottovalutato inizialmente l’intera vicenda.
Ora Shakaola è come un campo di battaglia militare, nessuno è autorizzato ad entrare e le operazioni sono svolte nella massima cura e segretezza. Ogni giorno il commissario regionale consegna il “bollettino” dei ritrovamenti ai media e purtroppo il conto delle vittime sale continuamente.
Sabato il ministro degli Interni ha dichiarato che le ricerche dei corpi dei seguaci della “setta dei digiuni” saranno estese fino al parco nazionale dello Tsavo Est, mentre proseguono le autopsie sui corpi delle vittime. Le oltre cinquanta fosse comuni scoperte nella foresta di Shakaola potrebbero non essere le sole, ma nello Tsavo, dove iene ed avvoltoi non aspettano altro che spolpare del tutto cadaveri già ridotti a pelle ed ossa, potrebbero esserci ulteriori, orrorifiche, sorprese.

 

 

 

 

 

TAGS: shakaolachiesasettamackenziepoliziafedeli

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